Uno dei principali motivi per cui considero Girard un grande pensatore è che ha saputo decostruire una trascendenza. Cosa si intende per trascendenza? Il termine, in filosofia, si oppone solitamente a ‘immanenza’. Se l’immanenza indica ciò che sta “al di qua”, che sta in mezzo a noi, che si può riscontrare nell’esperienza, la trascendenza è invece ciò che, in un certo senso, sta “al di là”, che si eleva oltre noi e oltre le nostre esperienze. Girard ha decostruito una trascendenza nel senso che ha individuato un fenomeno che sembrava appartenere a una dimensione altra, che non sembrava in alcun modo riconducibile a ciò che è dato nel nostro mondo, e l’ha spiegato facendo ricorso a fenomeni “immanenti”, più comuni, che stanno “al di qua”. La grande trascendenza decostruita da Girard è Dio, anzi, più in generale, il religioso, il sacro. Girard ha mostrato che per spiegare le divinità, per spiegare l’origine e il mantenimento delle religioni, non servono esseri sovrannaturali con poteri magici che forgiano mondi dal nulla e che mandano all’inferno le persone. Per spiegare i fenomeni religiosi, argomenta Girard, è sufficiente un certo meccanismo che coinvolge un gruppo relativamente ampio di esseri umani agitati, spaventati e aggressivi. Ecco, questo è un esempio (il migliore) di come si riconduce una trascendenza all’immanenza.
È fondamentale comprendere – ne ho parlato anche nei miei due articoli precedenti – che con l’indebolimento delle religioni nella nostra società, la trascendenza non è sparita, ha solo assunto nuove sembianze. Come in passato, anche oggi la trascendenza può diventare principio di legittimità e principio di forza. Al crociato che domandava perché doveva andare a farsi macellare a Gerusalemme, probabilmente gli si rispondeva: “È il volere di Dio, obbedisci!”, il sovrano che giustificava un’invasione probabilmente era solito esclamare: “Gli dei lo chiedono!”. Al giorno d’oggi – ve ne sarete accorte accendendo la televisione o dando un’occhiata ai giornali, specialmente durante le ultime settimane – pare riscuotere fortuna una nuova forma di trascendenza. Faccio riferimento ai mercati, ai cosiddetti mercati. Chiediamoci che funzione svolgono, nel dibattito pubblico e politico, i cosiddetti mercati. È piuttosto evidente che i mercati vengono impugnati come principio di legittimità per sostenere certe posizioni e per contrastarne altre. Ecco qualche esempio con cui avrete sicuramente un certo grado di confidenza. “Quella riforma del lavoro tranquillizzerà i mercati”; “un certo esito di quel referendum preoccuperà i mercati”; “ricordate che i mercati non perdonano”. Insomma i mercati, all’interno di una narrazione estremamente diffusa e popolare (anche se forse, ultimamente, un poco in affanno), vengono personificati e rappresentati come arbitri che puniscono e che comandano, come entità che vanno rassicurate e che non bisogna assolutamente far arrabbiare. Addirittura di recente è stata attribuita ai mercati la capacità di insegnare alla gente come si vota. Insomma avrete capito dove voglio arrivare. I mercati – almeno nel modo in cui, nella vulgata, vengono invocati da mass media e da molti politici – ricordano tanto le divinità antiche, che si turbano e puniscono se i mortali si comportano in maniera inappropriata, e che si tranquillizzano e dispensano doni quando le cose procedono secondo i loro dettami. Gli aspetti condivisi non si esauriscono certo qui. Come ogni pantheon che si rispetti anche i mercati presentano un certo livello di articolazione. Così come nelle religioni troviamo demoni, spiriti e semi-divinità, anche nei mercati possiamo incontrare vari esseri dotati di poteri magici: il grande e terribile spirito dello spread, la malvagia e divina inflazione, il santo protettore dei popoli europei, l’euro. All’appello non mancano inoltre i sacerdoti del culto, con tanto di gradi e gerarchie. Esperti, giornalisti, commentatori e macchiette che quotidianamente praticano i rituali per invocare i favori dei mercati, che, dalle colonne dei loro testi santi, lanciano anatemi e maledizioni in oscure lingue (che, probabilmente, neanche loro comprendono), che vaticinano e profetizzano sciagure e distruzioni in caso di eventi non graditi da i mercati. C’è di più. I mercati, attraverso i propri zelanti predicatori, arrivano addirittura a chiedere sacrifici! Proprio come le sanguinarie divinità del passato. Incredibile, vero?!
Gli aspetti di continuità tra la trascendenza religiosa e la trascendenza dei mercati sono quindi numerosi. Potrei lasciare da parte il tono ironico e argomentare con maggior precisione che la comunanza di strutture tra le due forme di trascendenza non è figlia del caso, ma che deriva da rilevanti e diffusi meccanismi sociali. Per ora tuttavia vi chiedo di accontentarvi di questi spunti di riflessione.
Per concludere vorrei far cenno a una decostruzione della suddetta trascendenza. Prendiamo dunque i mercati nella loro trascendenza, ossia come appaiono nella narrazione mediatica e politica contemporanea, e cerchiamo di ricondurli a fattori immanenti, insomma, a fatti umani. Cosa sono i mercati? Potremmo dire in prima approssimazione che i mercati sono la “grande arena” in cui avvengono scambi economici tra operatori (in ultima istanza formati e/o rappresentati da individui umani) i cui interessi entrano in contatto, si confrontano e si scontrano. Se ci si scorda di partire da qui, il rischio di scivolare nella trascendenza è molto alto. Dobbiamo quindi ricordarci che i mercati, e più in generale l’economia, sono fenomeni umani. Derivano la loro effettiva autorità e legittimità esclusivamente dal modo in cui certi comportamenti umani si coordinano tra loro. Per questo motivo, quando i mercati ci vengono presentati come un’entità che, parlando a voce unica, proferisce comandi ed esige obbedienza, dobbiamo essere capaci di riconoscere una doppia menzogna. Perché doppia? In primo luogo perché abbiamo detto che i mercati rappresentano uno spazio di mediazione e di scontro tra interessi e bisogni diversi. Non serve scomodare Marx per rendersi conto che l’interesse di un operaio non è uguale a quello di un imprenditore, o di un dirigente di una multinazionale. Quando ci vengono presentati i mercati come se parlassero con un’unica voce, dovremmo dunque chiederci se quella voce in realtà non è semplicemente la voce più forte, quella in grado di fare più rumore (e di sicuro non sarà quella dell’operaio o del disoccupato). La prima menzogna consiste quindi nel presentare come unitario ciò che invece è irriducibilmente molteplice ed eterogeneo. La seconda menzogna si nasconde nel tentativo di porre un principio trascendente – che andrebbe ricondotto alla sua immanenza, alla sua umanità – al di sopra dei fattori umani. Come se il principio avesse vita propria e non dovesse rendere conto delle (e alle) sue componenti umane. Questo tentativo va contrastato, in quanto tende a espropriare le masse umane di un’importante dimensione del loro potere, deresponsabilizzandole e soggiogandole. Non sarebbe infatti più opportuno se il potere delle masse umane fosse esercitato dalle stesse masse umane, in un cammino di progressiva presa di coscienza dei propri mezzi? La risposta a questa domanda, in realtà, non è così scontata, e apre il campo a nuove riflessioni.
Grazie per il tuo commento Luca. Credo che la tua precisazione in realtà si inserisce perfettamente nell'argomentazione dell'articolo. Anche le religioni, nella loro immanenza, sono sempre esistite ed esistono ancora. La mia appunto era una critica all'uso retorico e trascendente dei mercati, quasi che fossero un ente indipendente che punisce e premia le scelte umane, quando invece sono semplicemente il risultato di un sistema complesso di relazioni umane (poi certo, ci sono anche dei vincoli materiali e naturali che non possono essere ignorati). Sull'applicazione delle teorie girardiane in economia ritengo che ci sia ancora molto da esplorare e su cui riflettere. Ad esempio mi risulta davvero difficile credere che si possa parlare di leggi di domanda e offerta senza considerare…
Molto condivisibile, ricorda l'analisi di Calasso su Homo Saecularis nel suo ultimo "L'innominabile attuale". Ma c'è un però, per quanto mitizzati, i mercati esistono nella loro immanenza e sono formati giusto dalle masse di operai (o meglio, dai gestori dei loro fondi pensione) che non esiterebbero un minuto a vendere i loro Btp in presenza di un aumento dello spread. In maniera del tutto immanente ed egoistica. Così come l'operaio non si fa scrupolo (ricambiato) a comprare la merce più economica "made in China" che magari rovina il suo vicino.
Inutile fantasticare su governi mondiali dell'economia, il sistema economico divergerebbe comunque, per il semplice motivo che, anche in presenza di un regime di consenso più o meno imposto (vedi il…