Un elemento molto sfruttato della realtà virtuale è la possibilità di circoscrivere in un mondo fittizio alcuni comportamenti impossibili da consentire nel mondo reale (uso l’aggettivo “reale” nel senso di ciò che “esiste effettivamente, fattualmente” e il sostantivo “realtà” nel senso più ampio di ciò che in qualche modo “è”; spero di non risultare ambiguo). In questo è simile a quei rituali in cui improvvisamente ogni regola sociale viene meno: ciò è consentito solo a patto che si resti nel contesto delineato dal rito. In maniera simile agiscono, per esempio, i videogiochi che permettono di agire nei panni di guerrieri o di comandanti di eserciti. Nella vita reale nessuno incoraggia la guerra, ma nella realtà virtuale è consentito. Al di là dei discorsi sugli effetti psicologici o di ordine morale, un dato su cui forse non si è ancora abbastanza riflettuto è la possibilità di osservare alcune dinamiche comportamentali che nella vita reale di oggi – per fortuna bisogna dire – difficilmente sono visibili, né si vorrebbe vedere. Certi “esperimenti sociali” nessuno li vorrebbe realizzare nel mondo reale, ma nella realtà virtuale, voluto o no, già sono riscontrabili ed è proprio uno di questi che si vuole analizzare.
La maggior parte delle analisi sui comportamenti dei giocatori di Pokémon Go hanno considerato l’irruzione del virtuale nel mondo reale, qui invece si vuole analizzare un’interessante dinamica del tutto interna al gioco virtuale.
Questa applicazione non invita solo alla caccia dei famosi mostriciattoli, perché essi sono a loro volta funzionali alle lotte tra giocatori. Ma come si realizza lo scontro? Ci sono tre squadre che si disputano il controllo delle cosiddette “palestre” (anche se qui hanno più la funzione di roccaforti), sparse nel mondo.
Fin qui nessuna novità: tutti i giochi di strategia in linea molto generale hanno dinamiche simili. La vera novità viene introdotta dopo, con un aggiornamento che stravolge gli inizialmente semplici meccanismi fondamentali di questa lotta fra le tre fazioni. È importante sottolineare che questo stravolgimento avviene in concomitanza dell’apparizione dei cosiddetti raid.
È difficile credere che la concomitanza sia casuale. Nel momento in cui è richiesto che i giocatori, anche di fazioni diverse, collaborino, anche nelle palestre è richiesta una certa collaborazione. Se infatti prima era puro scontro in cui il gioco premiava la fazione che prevaleva sulle altre nel controllo delle palestre – di conseguenza era incoraggiata la solidarietà solo tra appartenenti alla stessa fazione – adesso premia chi, dopo aver difeso la palestra fino a un certo tempo, la cede a una fazione avversaria. Che cosa si osserva dunque?
Se prima era facile che in ogni singolo territorio la darwiniana lotta portava inevitabilmente ad assistere alla supremazia di una sola squadra (massimo due) con un controllo quasi assoluto di tutte o quasi le palestre presenti, adesso, almeno in teoria, si dovrebbe assistere a un continuo scambio di palestre a beneficio di tutti. La Niantic invita a un passaggio dallo “stato di natura” in cui ogni fazione è lupus per ogni altra (non un hobbesiano homo homini lupus solo per la presenza di una più pragmatico cameratismo “tribale”) a una “società” strutturata da un’economia solidale, basata su uno scambio di un bene posseduto, cioè la palestra che prima era semplicemente contesa (da sorta di roccaforte diventa una vera e propria merce di scambio, il cui valore è monetizzabile, visto che il premio è in monete).
Ma tutto ciò, come si diceva, è funzionale alla collaborazione delle tre fazioni contro un “nemico” comune, ovvero i raid boss, in particolare quelli “leggendari”, che nessuno può sconfiggere da solo, ma bisogna combattere in tanti. Per chi ha famigliarità con il meccanismo del capro espiatorio teorizzato dall’antropologo René Girard non può non notare come la Niantic sia stata astutamente pragmatica nell’incoraggiare la socialità tra giocatori invitandoli ad essere tutti uniti nel linciaggio del pokémon leggendario. In esso riscontriamo proprio le caratteristiche che Girard ha teorizzato a proposito della vittima: soggetto odiato di cui tutti devono partecipare alla distruzione, ma anche venerato per i benefici che può dare a tutti. Ciò che raduna tutti contro l’avversario più odiosamente difficile da sconfiggere nel gioco, è l’essere un pokémon molto più desiderabile da catturare degli altri.
La realtà virtuale, sapientemente sviluppata, pone sotto gli occhi ciò che il mondo reale non potrebbe mai riproporci, ci offre una conferma empirica a una teoria che parla di dinamiche sociali quasi mai osservabili al di fuori di contesti che ne minimizzano almeno in parte gli effetti: il passaggio dal disordine all’ordine sociale attraverso un meccanismo vittimario. Il resto è storia che aggiunge conferme.
La collaborazione tra fazioni che la Niantic ha stimolato è molto fragile: certamente non si impone un sistema di “leggi” (più che altro divieti) tra giocatori, ci si organizza in gruppi con “amministratori” di tutte e tre le fazioni, ma la realtà virtuale ci permette di essere ancora immersi in un’epoca in cui le “istituzioni” sono fragili; non fondano la collaborazione, piuttosto la presuppongono. Come diceva Girard in La violenza e il sacro per noi è difficile capire l’esigenza di sempre nuove vittime, perché viviamo in una società in cui le istituzioni sono forti, esistono “forze dell’ordine” che garantiscono stabilità, senza che si richieda un rituale che ricostruisca periodicamente l’armonia tra tutti. Pokémon Go invece rende facile capire: nel momento in cui si perde l’interesse di collaborare con tutti per sconfiggere i pokémon leggendari, la fragilità di un gruppo che su di esso si è costituito balza agli occhi.
La soluzione più efficace è guarda caso un nuovo raid boss ancora più prestigioso degli altri, più difficile da ottenere e più desiderabile: il “raid ex” con la sua sola comparsa ha il sacro potere di mettere da parte ogni malumore. E se nessun raid contro mostri tascabili basta più, si può sempre isolare ed espellere dai gruppi i soggetti più criticati. Atti molto diversi, ma a ben guardare il meccanismo è sempre lo stesso.
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