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L'inesistente confine tra invidia e gelosia | Psicologia mimetica


A volte mi capita di fare confusione tra il termine ‘gelosia’ e il termine ‘invidia’. Sì, mi capita di usare una parola al posto dell’altra. In quei casi di incertezza devo pensare un attimo a una frase a mo’ di esempio, e risalire da lì al significato generale dei due termini.

Da questa piccola confessione potrete inferire la mia ottusità, di proporzioni tali da impedirmi addirittura di comprendere alcuni dei termini più comuni e banali della lingua italiana. Ritengo tuttavia di potermi difendere da questa accusa. Cercherò ora di mostrarvi perché i significati di questi due termini sono più vicini di quanto possa apparire in prima istanza.


Ma come?! Non solo il significato di ‘gelosia’ e quello di ‘invidia’ sono ben distinti, essi sono addirittura, in qualche modo, opposti! Provi gelosia quando temi che qualcuno potrebbe prenderti qualcosa che possiedi; mentre provi invidia quando desideri qualcosa (o qualcuno) che però appartiene a qualcun altro. Nel primo caso possiedi l’oggetto del desiderio, nel secondo no. Nel primo hai il sospetto che qualcuno te lo possa portar via, nel secondo sei tu che vuoi portarlo via alla persona che invidi. Posso essere geloso della mia partner, di un oggetto a cui tengo particolarmente, di un’informazione che custodisco segretamente. Invidierò invece il collega perché ha saputo distinguersi in maniera particolare in un lavoro, oppure invidierò l’amico a causa di qualcosa di prestigioso che possiede.

Semplice no? Così sembrano stare le cose. I nostri dizionari lo confermano. Cerchiamo però ora di puntare su questi due concetti la lente dell’analisi concettuale. Sembrano esserci almeno due differenze rilevanti tra i due concetti. Innanzitutto - abbiamo appena visto - per essere gelosi bisogna possedere qualcosa, mentre per essere invidiosi bisogna mancare del possesso di qualcosa. In secondo luogo la gelosia ha la tonalità emotiva della paura, mentre l’invidia si accompagna al rancore, finanche all’odio.



La prima differenza riguarda il possesso. Sembra che sia il possesso o meno del bene materiale che determini chi è geloso e chi è invidioso. Ce lo confermano tante storie, tanti personaggi. Paperone ad esempio è il più ricco, è quello che possiede di più. Pertanto sarà caratterizzato da una forte gelosia per il suo denaro. Rockerduck invece possiede meno di Paperone, in altre parole non possiede quella quantità di denaro che lo separa da Paperone. Rockerduck sarà dunque l’invidioso che odia Paperone.


A un esame più attento è però facile accorgersi che non è il mero possesso effettivo ciò che davvero conta. Non è il semplice possesso (o non possesso) di qualcosa che innesca la gelosia o l’invidia. Io posso possedere una macchina bellissima e costosa, ma questo di per sé non è sufficiente a rendermi geloso della mia macchina. Ci vuole un ingrediente in più. Quando inizio a diventare geloso della mia macchina? Quando qualcun altro la desidera. Non è il mero possesso materiale di qualcosa. È il desiderio dell’altro a innescare la gelosia. La macchina può avere tutti i cavalli e tutti gli accessori che vuoi, ma se su di essa non si posa lo sguardo dell’altro non puoi esserne geloso.

Stesso identico discorso va fatto per l’invidia. Non invidio qualcuno per il semplice fatto che possiede qualcosa che io non ho. Invidio solo quando l’altro, colui o colei che invidio, assegna un certo valore all’oggetto di cui mi sfugge un possesso. Invidio quando vedo realizzato il desiderio dell’altro e non il mio.


Poniamo – scusatemi il solito esempio nei panni del maschio eterosessuale – che un mio conoscente sia fidanzato con una bellissima ragazza. La mia tesi è che io posso invidiare il mio conoscente per la sua ragazza solo se riconosco in lui, o mi sembra di riconoscere, un forte desiderio per quella ragazza. Mettiamo caso che il mio conoscente in questione mi confessi di non essere affatto innamorato della ragazza, di non provare per lei alcuna attrazione. Facciamo bene attenzione. Secondo la mia tesi dovremmo concludere che la mia invidia per la ragazza del mio conoscente si dissolverebbe. Siete d'accordo? Potreste obiettare che la confessione del mio conoscente non comporterebbe una diminuzione della mia invidia o che ne comporterebbe anzi un aumento. Ma come? Ha la fortuna di stare di stare con una ragazza del genere e non ci dà neppure peso! Propongo due risposte a questa obiezione. In primo luogo dico che se l’invidia permane è solo perché penso che la ragazza in questione sia desiderata da altri (altri amici, altri conoscenti…). La risposta più interessante però è la seconda. Certo, la stizza data dall’invidia può addirittura acuirsi ulteriormente a fronte del disinteresse mostrato dal mio conoscente. Dobbiamo però assegnare il giusto significato a questo acuirsi del mio fastidio. Il fastidio in questione non è dato dal fatto che riteniamo che un’oggetto di desiderio, in questo caso la bella ragazza, non venga opportunamente apprezzato, che sia come sprecato. No, no e no. L’acuirsi del fastidio o, diciamolo pure, del risentimento, è direttamente proporzionale all’aumento della distanza tra me e il mio conoscente, o più precisamente tra il mio desiderio e il suo. Provo stizza perché il desiderio del conoscente è talmente superiore al mio che non assegna valore a qualcosa su cui il mio desiderio si era fissato. Forse sarò sì più invidioso allora, ma non della ragazza del mio conoscente. Sarò più invidioso della superiorità mostrata dal mio conoscente rispetto ai miei desideri.


Ancora una volta: non è il possesso di un oggetto (o di una persona), è il desiderio dell’altro a fare la differenza. È il desiderio dell’altro il vero protagonista delle dinamiche descritte. Esso determina sia la gelosia sia l’invidia. Sarò geloso di oggetti desiderati dall’altro (o da altri) e sarò invidioso di oggetti desiderati da altri.

Passiamo allora alla seconda differenza che avevo indicato. Chi è geloso teme qualcosa, ha paura di qualcosa: teme di perdere l’oggetto che desidera. Chi invidia invece odia. La gelosia si caratterizza per la paura, l’invidia per l’odio. Facciamo però un ragionamento. Abbiamo appena constatato che la gelosia non è in realtà determinata dal possesso di qualcosa; è piuttosto il desiderio dell’altro a svolgere il ruolo effettivo di motore della gelosia. Concentriamoci allora su questo altro. Posso certo aver paura che, a causa del desiderio dell’altro, io perda un oggetto a cui tengo. Ma che emozione provo verso l’altro? L’ovvia conseguenza di un danno subito, di una sconfitta, – ad esempio qualcuno ci sottrae qualcosa che desideriamo – è la rabbia. E noi odiamo quando individuiamo il colpevole della nostra rabbia, colui che l’ha provocata. Lo diceva anche Yoda, non proprio il primo che passa per strada: “La paura conduce all’ira, l’ira all’odio”.



Con un poco di analisi possiamo dunque trovare nella gelosia l’ombra di quell’odio che inizialmente avevamo pensato caratteristico dell’invidia. Il timore che qualcuno possa togliermi qualcosa che desidero nasconde sempre il fantasma di un rivale, temuto e odiato, che desidera quello che desidero. Tra paura e odio c’è un continuo. Più il rivale si fa vicino, più la contesa si fa aspra, più i desideri vengono a coincidere, più l’odio aumenta.

Gelosia e invidia – questo vorrei dire – non sono emozioni realmente distinte. Sono semplicemente due “fasi” di un’unica situazione, due fasi che si richiamano tra loro, si sovrappongono, si alternano e oscillano di continuo. La situazione comune è data dal nostro stare di fronte al desiderio dell’altro. Ho cercato di argomentare che non sono gli oggetti né il loro possesso materiale a determinare i moti di invidia o di gelosia[1]. È il desiderio dell’altro che funge da "principio regolatore". Questa è una delle principali intuizioni di René Girard. Siamo soprattutto imitatrici e imitatori dei desideri degli altri. Ed è sempre in quanto imitiamo il desiderio di un altro che proviamo invidia o gelosia.

È questa priorità del desiderio dell’altro che ci consente, tra le altre cose, di vedere la strettissima parentela che sussiste tra gelosia e invidia. Ecco di che cosa ho cercato di convincervi in queste righe.


È interessante notare che una conferma di questa lettura ci arriva dall’uso dei corrispettivi di ‘gelosia’ e ‘invidia’ in alcune lingue. In francese ad esempio una stessa parola, jalousie, significa sia invidia sia gelosia. Ci sarebbe certamente molto altro da dire. Aggiungo solo che con il Gruppo Studi Girard inizieremo in questi giorni – sempre dalle parti di Milano – un ciclo di incontri dedicati principalmente al tema dell’invidia nell’opera di Shakespeare. Avremo la possibilità di analizzare a fondo alcuni temi sfiorati in questo articolo e molte altre questioni. Se volete partecipare è sufficiente contattarci!


*****

[1] Sull’impiego di questa intuizione come principio concettuale di una “sociologia romanzesca” suggerisco questo prezioso contributo del Professor Silvio Morigi: "Sociologia dei sociologi" e "sociologia romanzesca" nel primo Girard.

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