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La debolezza del forte e le polarizzazioni contraddittorie | Paradossi sociali

Aggiornamento: 21 gen 2019


Ci sono due classi di fenomeni sociali che mi paiono tra loro in contraddizione. Prima di elencare alcuni esempi, che sicuramente conoscerete, lasciatemi esporre in breve la forma di generale del problema. Consideriamo una situazione di opposizione tra due attori sociali. Possiamo pensare a due individui rivali, a due gruppi che gareggiano per qualcosa; basta che ci siano due poli in contrasto. Mettiamo inoltre la condizione che uno di questi attori sociali sia più debole dall’altro, o che venga percepito come tale. Insomma, c’è un forte e un debole, un favorito e uno sfavorito.

Oltre questi due attori sociali aggiungiamo ora un “pubblico”. Per pubblico intendo una serie di individui non direttamente coinvolti nel conflitto, di cui sono prettamente spettatori, ma i quali possono patteggiare per uno dei due attori ed attivarsi a suo favore. I due fenomeni sociali che mi paiono “contraddirsi” sono i seguenti. In alcuni casi, data questa situazione, si osserva una polarizzazione del pubblico che favorisce il contendente più forte, proprio in quanto egli è il più forte, in altri casi, invece, il pubblico orienta la sua “preferenza” verso il più debole, proprio in quanto egli è il più debole. Sono io ad ingannarmi o siamo in effetti davanti a un vero e proprio paradosso?



Qualche esempio. Ultima finale dei Mondiali di Calcio: la stra-favorita Francia contro la piccola Croazia. Per chi facevate il tifo? Nel novantanove percento dei casi la risposta, ovviamente, sarà Croazia. E non perché avete i genitori croati, o perché andate in vacanza a Dubrovnik. Tifavate Croazia perché era la squadra più debole e, per converso, non tifavate Francia perché era la squadra più forte. Altro esempio: Rocky I. Il pugile semi-dilettante Rocky Balboa si trova a duellare contro il fortissimo campione del mondo Apollo Creed. Per chi si fa il tifo? Per Rocky, ovviamente. Ciò non sorprende. Il film stesso, come tantissime altre storie, è costruito nella consapevolezza che chi è esterno alla rivalità prenderà le parti del più debole, schierandosi con lo sfidante, con l'underdog. Potrei selezionare esempi in altri ambiti – non solo sport e spettacolo – ma mi fermo qui.

Prendiamo ora in considerazione l’altra classe di fenomeni sociali, dove accade che i terzi convergono a favore del più forte. Mi viene in mente il contesto scolastico. Da una parte il bulletto, o la bulletta, e dall’altra la ragazzina o il ragazzino sfigat*. Il primo più sveglio, più sfacciato e più sicuro di sé. Il secondo più fragile, più titubante; in una parola più debole. Il resto della classe dalla parte di chi tenderà a stare? Credo di poter dire che, in questa situazione, nel novantanove percento dei casi, ci si schiererà con il bulletto, ossia contro il più debole. Altro esempio: pensiamo alla politica e più nello specifico a un contesto elettorale. Non avete mai avuto l’impressione che lo schieramento più forte, proprio in virtù della sua forza emergente, riesce ad attirare su di sé, in particolare negli ultimi giorni prima del voto, le preferenze degli indecisi? Perché altrimenti si osserva tipicamente un gruppo politico cercare di sovrastimare la propria forza, specialmente in vista del momento decisivo? Più in generale quale gruppo, lista, partito, o movimento politico vorrebbe presentarsi, in un confronto uno a uno, come il più debole, come lo sfavorito? Nessuno! Devo ammettere di non essere così sicuro su questo secondo esempio, per il quale sarebbe necessario approfondire la letteratura esistente. Però sono sicuro del fatto che potremmo elencare diversi casi in cui gli “spettatori” di un “conflitto” - da intendersi in senso lato - convergono verso il più forte.



Ora, come risolvere questo problema? Come spiegare unitariamente queste due classi di fenomeni sociali? Perché una volta avviene A e nell’altro caso avviene B? Personalmente non ho una proposta. Ci ho pensato qualche volta ma non ho mai attaccato la questione con approfondimenti mirati. Il tema però mi interessa. Proviamo a ricapitolare. Nella prima classe di esempi citati – e questo può esser considerato un primo paradosso – sembra che la forza sia una debolezza, e che la debolezza, in quanto capace di attirare le simpatie del pubblico, sia un elemento di forza. Nella seconda classe invece la forza, più semplicemente, rappresenta un elemento di forza, mentre la debolezza è, tautologicamente, una debolezza. L’accostamento tra queste due classi di fenomeni genera un secondo paradosso, che è quello che sto cercando di presentare in questo articolo. Sul primo problema, quello della debolezza del forte (o della forza del debole), credo che una soluzione, banale ma probabilmente corretta, sia a portata di mano. Secondo tale soluzione la forza del debole sta proprio nella sua debolezza, e questo perché se sei debole non fai paura. Dovendo scegliere se affiancarci a una persona che fa paura e a una che non fa paura, tendiamo a scegliere di stare vicino a chi non ci fa paura, a chi sostanzialmente pare innocuo. D’altro canto preferiamo tenere alla larga chi ci fa paura o, ancora meglio, preferiamo proprio che non ci sia più. Quanto ho appena scritto è espresso in termini primitivi. Per spiegare la “debolezza del forte” e la “forza del debole” negli esempi che ho citato sopra bisognerebbe aggiungere molti altri tasselli (qualche indicazione la potete trovare in un altro mio articolo). Credo tuttavia che questo sia il punto di partenza.


Il secondo paradosso mi lascia invece molto perplesso. Quale criterio, quale insieme di condizioni, determina la polarizzazione a favore del più forte piuttosto che la polarizzazione a favore del più debole? Vi lascio con un possibile spunto di riflessione. Forse non è un caso se, per presentare la prima classe di fenomeni, ho selezionato due esempi tratti da contesti che potremmo definire “altamente ritualizzati”. Da una parte abbiamo lo sport, con la finale di calcio, dall’altra un’arte visiva, una narrazione cinematografica. Si tratta sicuramente di contesti che possono coinvolgerci emotivamente, ma in cui rimane ciononostante una sorta di distacco. Gli esempi da me formulati nella seconda classe paiono invece attingere ad ambiti diversi. Quei due esempi, la classe scolastica e uno scontro elettorale, sembrano coinvolgere più direttamente gli spettatori. Non c’è in quei casi una sorta di finzione. La posta in palio sembra essere rappresentata da un potere reale.

Ammetto che questa soluzione, a prima vista, non mi convince del tutto. Voi che ne pensate? Avete in mente qualche proposta? Avete letto qualcosa sull’argomento o su temi affini?


Vi lascio con dei consigli di lettura utili per iniziare a farsi un’idea a proposito di questi due paradossi. Ritengo che alcuni tragediografi classici avessero ben in mente i due paradossi e che abbiano utilizzato tali elementi di ambiguità come motore di alcune rilevanti dinamiche tragiche. Penso a Le Eumenidi di Eschilo, o all’Ifigenia in Aulide di Euripide, e forse anche al Filottete di Sofocle.

Che altro dire se non… buona lettura!

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