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C’è un coniglio sulla Luna! | Un faccia a faccia con le follie del Joker

Aggiornamento: 28 dic 2020

di Edoardo Sghirinzetti


Ammettiamolo: tutti ci saremmo voluti trovare al posto di Joaquin Phoenix nel finale di Joker. Acclamati, applauditi da un fascio di fiaccole e bastoni (e sedie?), avere finalmente qualcuno con cui condividere, anzi sentire, provare le stesse emozioni, la stessa rabbia furiosa ed esplosiva che può finalmente divampare senza essere più estinta danzando sopra a una macchina della polizia. Sì, perché quella danza tanto dinoccolata e sciolta è il simbolo, la chiusura della storia di un personaggio che non conosce pace né comprende la sua esistenza, finché non capisce che ci sono solo tante risate. Vi siete sentiti così per i successivi 5, 10 minuti dopo il finale? È normale, tutti siamo un po’ rivoluzionari, anche estremizzando il concetto. Vi siete svegliati così la mattina dopo? Allerta spoiler: siete dei sociopatici.


Joker è un personaggio che nel corso dei decenni ha assunto molte sfaccettature e svariate interpretazioni, ma il nocciolo di fondo è sempre rimasto lo stesso: abbiamo tra le mani un soggetto in cui la sanità mentale ha totalmente lasciato il posto a cattiveria disumana e, quasi sempre, pianificazione diabolica, il tutto coronato da immense risate che riempiono intere vignette di albi a fumetti. Ma andiamo con ordine.



Chi è Joker? Fumettisticamente parlando possiamo prendere in considerazione due capolavori intramontabili e in entrambi Joker ha origine da un tuffo in una vasca di sostanze chimiche alla Ace Chemicals, che ne ha stravolto il già precario equilibrio mentale. Il primo è The Killing Joke del 1988, in cui assistiamo da un lato alla trasformazione in clown di un uomo che ha perso tutto e dall’altro al risvolto sadico e mortale che questa trasformazione ha portato. Due sono gli elementi fondamentali: un brutto passato che lo ha distrutto e la comprensione che ormai è diventato un personaggio dannato e rassegnato a vivere con una logica e un divertimento tutti suoi. Questo Joker vuole solo dimostrare la tesi per cui


“... non c'è nessuna differenza tra me e gli altri. Basta una brutta giornata per ridurre l'uomo più assennato del pianeta a un pazzo. Ecco tutto ciò che mi separa dal resto del mondo. Solo una brutta giornata!” (Joker in The Killing Joke)


Attenzione però: qui Joker non è un araldo del Caos, né vuol esser distruttore della società, quanto più è portatore di una critica verso “l’uomo medio”, verso tutti coloro che vivono o difendono la vita di tutti i giorni lasciandosi trasportare, adagiandosi e ubbidendo ai dettami imposti da loro stessi sulla base di una coscienza sociale distorta, non più adatta ad affrontare le difficoltà e gli imprevisti, o di rapportarsi correttamente con il mondo e di conseguenza con l’altro. Lui è impazzito perché non ha resistito alla visione di un mondo mutato in maniera tragica, diventato solo una barzelletta (indubbiamente non solo a parer suo, ma come sempre ciò che conta è la reazione delle persone). Non ci ricorda un po’ Arthur?



Il secondo è Lovers & Madman (Amanti e pazzi nella versione italiana) del 2007. In questo racconto Jack è un criminale annoiato dalla vita, troppo sveglio e bravo nel suo lavoro e per questo diventato totalmente apatico. Al suo primo incontro con Batman però ne rimane affascinato e da lì compie misfatti di gratuita crudeltà con l’unico scopo di attirarne l’attenzione e rivederlo, finché il susseguirsi degli eventi non lo trasformerà nel Joker che noi tutti conosciamo.

È in effetti curioso il parallelismo(1) con il duo Batman-Joker raccontato da Nolan(2): in entrambi i casi Joker è attratto da Batman, vuole affrontarlo, dimostrargli che lui esiste solo perché è il Cavaliere Oscuro a dargli uno scopo e allo stesso tempo dimostrargli che il Caos pervade il mondo e che con il piacere della follia e della distruzione lo si può governare.


“Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo.” (Alfred in Il Cavaliere Oscuro, Christopher Nolan)


In Lovers & Madman la metamorfosi di Jack in Joker è guidata, oltre che dalle sostanze chimiche, dal desiderio di sopravvivenza per rivedere Batman. Nel finale, nonostante sia stato ben malmenato, guarda il Pipistrello con gioia e compiacimento, soddisfatto dell’importanza che questo gli ha dato: per aver combattuto, per avergli evitato un volo da un palazzo. Travisa, almeno apparentemente, l’effettiva considerazione che Batman (il quale si sente colpevole per essere stato complice della sua trasformazione) ha di lui e ribalta esternamente la necessità di sopravvivere, con la scusa che dovrà sempre occuparsi del Pipistrello e farlo ridere. Ma allora Joker non ha più un motivo intrinseco per vivere? Au contraire: continuare a sfidare Batman significa sfidare ciò che lui è, non tanto l’incarnazione dell’eroismo o della giustizia (e della difesa di una società in cui Joker non crede), ma l’impegno che il Cavaliere Oscuro mette nell’essere se stesso, a cui Joker continuerà a opporre un impegno uguale e contrario.


“Non sapevo che fare della mia vita finché un uomo non si è messo una maschera e si è fatto chiamare Batman.” (Joker in Amanti e pazzi)



Todd Phillips invece racconta di Arthur Fleck, una persona triste (oltre che malata), che cerca di stare bene in una società che lo disprezza, che vuol far ridere con battute che comprende solo lui, che vuole sorridere tirandosi la bocca e facendosi scendere una lacrima (su di lui o su di noi, il pathos generato è così grande che non ha la benché minima importanza: diventiamo dei doppi totalmente immedesimati). Riprende un po’ il lato straziante di The Killing Joke (e successivamente la sua tesi di fondo).

La sua vita ha una svolta definitiva quando uccide tre stronzi (non nascondiamolo, andiamo oltre il gesto mortale): improvvisamente ha una ragazza, la serata di stand-up comedy va benissimo e si sente quasi “guarito” da tutti i suoi mali. Dovremmo forse considerare che questi lieti eventi coincidono con un triplo omicidio e ancor più che sono tutti frutto della sua immaginazione (devastante è la scena con Sophie Dumond, atterrita dalla comparsa in casa di questo strano sconosciuto). La realtà, tuttavia, non tarda ad arrivare e Arthur è brutalmente investito dal succedersi degli eventi.

In conclusione, la sua vera natura emerge rispecchiandosi nel mutamento di prospettiva sulla sua risata: da malattia mentale a gioia verso tutto ciò per cui non si dovrebbe (e nemmeno potrebbe) gioire, almeno in un canone di normalità psichica. Lo stesso omicidio della madre gli permette di liberarsi da quella alterità che tanto lo ha straniato per tutta la vita, recuperando così la sua unicità, e diventando il vero se stesso.

Così anche l’invito al “Live with Murray Franklin” diventa motivo di folle ironia e perfetta occasione di martirio, considerando il simbolo che il clown ormai sente di essere ed è diventato. Il bello della diretta però è poter fronteggiare cambiamenti di situazione repentini e inaspettati: perché suicidarsi ora che ha preso gusto nel discutere con Murray e il suo pubblico impomatato, nuovo nemico giurato rappresentante l’iniqua società da abbattere? Joker, per quanto dica il contrario, si fa emblema del malcontento e del dissidio sociale, approfittando della diretta che gli permette di dar voce alle vittime come lui. Tutto ciò non era effettivamente intenzionale, ma frutto della comicità nella sua testa, unito a un po’ di frustrazione e ribellione, che lo hanno accompagnato nella sua mutazione verso il folle omicida sghignazzante.

Non c’è premeditazione, calcolo, attenzione ai dettagli, ma solo totale infermità mentale, indomabile e incomprensibile, coronata dalla verve comica ghignante che ha sempre contraddistinto il Joker. That’s life.



Una piccola nota conclusiva: il personaggio in genere non è contraddistinto dalla ricerca di un pubblico o, ancor più, di seguaci che lo elogino e lo ammirino per essere Joker (pensiamo banalmente ad Harley Queen, che sottomette, sfrutta e picchia per il solo gusto di farlo; tutti gli altri invece sono solo scagnozzi). Ciò che guida Joker nelle sue azioni è esclusivamente nella sua mente e non proiettato nella ricerca di potere (al limite può rincorrere l’escalation storica con Batman: certamente vuole ucciderlo, ma è altrettanto ovvio che questo balletto non si può concludere con la morte di uno per mano dell’altro). È un insieme di patologia mentale e di crudeltà grezza, nella misura di un fantomatico passato e del tuffo alla Ace Chemicals.


“Questo è ciò che accade quando la follia impazzisce.” (Batman in Amanti e pazzi)


***

(1) Nessuna scopiazzatura: Lovers & Madman è una storia in 6 numeri usciti a cavallo tra il 2007 e il 2008, mentre The Dark Knight di Nolan è uscito nel 2008. Interessante è notare come si è giunti al tratteggio di due Joker molto simili muovendosi per vie totalmente diverse. (2) Non scendo in ulteriori analisi riguardo alla trilogia, ma rimando a questo articolo sul secondo film e ai relativi altri due per il primo e terzo.

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