Il profumo inizia con il puzzo, e termina con il puzzo. Il puzzo, nel romanzo, è simbolo dell’indifferenziazione mimetica: gli uomini sono tutti uguali in quanto tutti, in fondo, puzzano. Nella Parigi del Settecento puzzava il re come il garzone, la regina come la lavandaia, il prete come il nobile: il puzzo è il peccato degli uomini, la loro materialità carnale (come ben intuisce il personaggio di padre Terrier). Nasce però un uomo che porta in sé lo stigma della differenza assoluta: egli non ha odore, e al contempo possiede un olfatto sviluppato oltre ogni limite. Jean-Baptiste Grenouille è eletto fin dalla nascita potenziale vittima sacrificale, mezzo demone e mezzo dio: nasce in mezzo ai pesci marci e viene continuamente espulso dalle baie e dagli orfanotrofi in cui viene portato, giacché è considerato «posseduto dal demonio» (P. Süskind, Das Parfum, Diogenes Verlag Ag, Zürich 1985, trad. it Il Profumo, TEA, 2009, p. 11) – perché senza odore –, e al contempo miracolosamente capace, come un dio, di vedere oltre i muri e prevedere l’arrivo di estranei (in realtà grazie al suo olfatto iper-sviluppato). Vi sono poi altri due segni vittimari inconfutabili che Grenouille porta su di sé: anzitutto, egli «ha un piede deforme che lo fa zoppicare» (Ivi, p. 26), fatto questo inspiegabile se non in un’ottica girardiana, (giacché la circostanza non è decisiva in nessun episodio del romanzo); inoltre, nel momento cardine in cui inizia la sua carriera di profumiere, egli ha in spalla una pelle di capretto, da far profumare per conto di una nobile signora parigina: quale altro segno maggiormente “sacrificale”? Il romanzo presenta una vera e propria escalation sacrificale: Grenouille prima si ammala gravemente, ed è «lapidato come un martire» da migliaia di pustole (Ivi, p. 105), poi decide di fuggire dagli uomini (la sua vera “malattia”) e si ritira nell’anfratto di una montagna per sette anni, dove diventa sempre più gobbo e chiuso in se stesso. Qui, Grenouille compie dei diabolici «esercizi spirituali» (Ivi, p. 130), in cui, componendo e scomponendo gli odori immagazzinati nella sua memoria, immagina di essere il Dio di innumerevoli mondi che crea e distrugge a suo piacimento, e in cui gli uomini gli offrono dei sacrifici il cui odore gli è sommamente gradito; finché, una volta, non giunge a scoprire il fatto fondamentale: egli stesso non ha odore, e poiché «tutto ciò che esiste ha un odore», è come se egli non esistesse. Per provare a se stesso di esistere, allora, decide di tornare tra gli uomini, perché essi lo riconoscano: novello Zarathustra, scende dalla montagna e suscita terrore per il suo aspetto mostruoso, finché si imbatte nel marchese di Taillade-Espinasse. Questi aveva teorizzato l’esistenza di un «fluidum letale» nella terra, che conduce ogni cosa alla morte e alla putrefazione, e la conseguente necessità di nutrirsi e circondarsi di elementi quanto più aerei possibile, per purificare il proprio spirito dalla mortalità materiale. Grenouille accetta di fare da cavia per gli esperimenti del marchese, in cambio di una cospicua paga, finché riesce a intrufolarsi nel laboratorio di un profumiere del posto: qui si fabbrica il profumo, o meglio il puzzo, dell’uomo, il puzzo dell’umanità, perché la gente accetti lui, «la prole del diavolo, come uomo tra gli uomini» (Ivi, p. 159). L’esperimento funziona, e Grenouille si getta «in seno alla moltitudine» (Ibidem): decide di andare a Grasse, città nota per la tradizione nell’arte profumiera, al fine di scoprire nuove tecniche di estrazione delle essenze odorose. Ivi però si imbatte in un odore unico, irresistibile, un profumo perfetto, il profumo di una ragazza di cui si innamora all’istante; già una volta, da giovane, a Parigi, egli era stato attratto dall’odore di una donna, e l’aveva uccisa per possederne l’essenza. Adesso escogita un piano più sistematico: nell’attesa che la ragazza di Grasse, e dunque il suo profumo, maturi, e diventi così ancora più attraente, Grenouille uccide altre giovani donne, tutte vergini, e ne estrae l’odore per incastonarvi poi, a tempo debito, quello perfetto della giovane Laure. La città viene dunque gettata nel panico: si crea una situazione di crisi mimetica, in cui tutti si accusano a vicenda degli omicidi delle vergini; ciascuno diffida dell’altro; la quotidianità viene sospesa, «nessuno più lavora» (Ivi, p. 228); è presente perfino l’elemento incestuoso, rappresentato dal padre di Laure, Richis. Egli è irresistibilmente attratto dalla bellezza angelica della figlia, ed è perciò convinto che lo scopo finale dell’assassino misterioso sia quello di uccidere proprio lei. Richis rappresenta il doppio mimetico di Grenouille: egli, scrive Süskind, ha «considerazione dell’assassino», considerazione che «riverbera come da un nitido specchio anche su di lui», giacché «se anche lui, Richis, fosse stato un assassino e fosse stato ossessionato dalle stesse idee passionali dell’assassino, non avrebbe potuto agire altrimenti, e come l’assassino avrebbe arrischiato tutto per coronare l’opera della sua follia con la splendida, incomparabile Laure» (Ivi, p. 209). Non a caso, quando Richis conduce fuori dalla città la figlia, apparentemente per salvarla, agli occhi della gente questo fatto appare come un «sacrificio arcaico» (Ivi, p. 212): quella stessa notte, in una locanda di un villaggio, Grenouille, che aveva seguito Richis e Laure, riesce a compiere il proprio omicidio. Carpisce l’essenza perfetta di Laure dal suo corpo nudo, grazie alle tecniche apprese a Grasse, e, combinandola con gli odori delle altre fanciulle, si fabbrica un vero e proprio filtro d’amore, irresistibile per tutti gli uomini. Viene però scoperto dalle autorità civili, condannato a morte per i ripetuti omicidi, ed esposto davanti agli abitanti di Grasse, che in un’unica «massa d’occhi» gridano all’unisono «lo vogliamo!» (Ivi, pp. 231-232). Arriva dunque il giorno del rito collettivo, un «giorno di gran festa» (Ivi, p. 234) in cui tutti gli abitanti, con il loro vestito migliore, si radunano per assistere alla crocifissione pubblica di Grenouille. In questo «giorno della liberazione» (Ivi, p. 236), come viene definito, la folla si dispone in cerchio intorno al patibolo, e attende l’arrivo della vittima Grenouille, che giunge infine in una carrozza, come un personaggio importante.
Fin qui, tutti gli elementi del romanzo sembrano preludere ad una conclusione mitica di tipo sacrificale, secondo la teoria girardiana: eppure la morte di Grenouille viene differita. Egli infatti, quando scende dalla carrozza, si cosparge del profumo d’amore che aveva realizzato, e così avviene il «miracolo»: improvvisamente, tutti hanno la certezza che Grenouille sia innocente, e mentre prima lo avrebbero linciato, ora lo amano dal profondo del loro cuore. Tutti gli astanti, all’unanimità, vengono «sciolti nello spirito», in un «unico amorfo fluire» di devozione verso il Dio dell’amore Grenouille, personificazione dell’Eros. La violenza, così, si trasforma immediatamente nel proprio doppio, la passione erotica: le persone iniziano a spogliarsi, in un orgiastico baccanale di caos indifferenziante. «Cominciarono a copulare in posizioni e accoppiamenti impossibili, il vecchio con la vergine, il bracciante con la moglie dell’avvocato, l’apprendista con la monaca, il gesuita con la moglie del frammassone, tutti alla rinfusa, come capitava. L’aria era greve del sudore dolciastro del piacere e colma delle grida, dei grugniti e dei gemiti delle diecimila belve umane. Era infernale» (Ivi, p. 243).
Grenouille prova un assoluto disprezzo per quell’ammasso informe di carne e lussuria, e realizza il proprio fallimento: nel momento in cui è davvero un Dio onnipotente, è anche l’individuo più solo. Solo prima di tutto di fronte a se stesso: il profumo miracoloso, infatti, «riusciva a fare tutto, ma non a fargli sentire il proprio odore» (Ivi, p. 255). Così, «condannato a non sapere mai chi fosse» (Ivi, p. 256), decide di darsi la morte: torna nel posto in cui è nato, che è divenuto da mercato del pesce un cimitero (ugualmente puzzolente), e di notte, davanti a una cerchia di disperati e prostitute riuniti intorno a un fuoco, si bagna tutto del profumo magico. Viene così scambiato per un angelo: la gente lascia il fuoco e forma un cerchio intorno a lui, gli si avvicina, lo spoglia, lo possiede. «Ognuno voleva toccarlo, ognuno voleva una parte di lui, una piccola piuma, un’ala, una scintilla della sua fiamma meravigliosa. Gli strapparono dal corpo i vestiti, i capelli, la pelle, lo fecero a brandelli, affondarono unghie e denti nella sua carne [...] Quando i cannibali alla fine del pasto si ritrovarono insieme accanto al fuoco, nessuno disse una parola. [...] Erano straordinariamente fieri. Per la prima volta avevano compiuto un gesto d’amore» (Ivi, pp. 258, 259).
Il personaggio di Grenouille è come proteso verso un’ascesi spiritualista sempre invocata e votata irrimediabilmente alla morte (Non a caso, Süskind è anche l’autore di un breve saggio intitolato Über Liebe und Tod, trad. it. Sull’amore sulla morte, TEA, 2009). Il primo profumo che egli crea, anzi paradigmaticamente “imita”, è Amore e Psiche di Pélissier: a lui «non interessava affatto il piacere, quando il piacere consisteva in qualcosa di diverso dal puro odore immateriale» (P. Süskind, Das Parfum, op. cit., p. 127). Egli non si innamora di Laure, ma del suo profumo; non vuole possedere il suo corpo, ma la sua essence absolue immateriale; «voleva staccare il suo profumo come una pelle, e farlo suo», scrive Süskind (Ivi, p. 178). Perciò, quando finalmente la uccide e ne ricava il profumo, non è affatto attratto dal suo corpo nudo disteso sul letto: «per lui Laure non esisteva più come corpo, bensì soltanto come profumo privo di corpo. Ed era questo che teneva con sé» (Ivi, p. 225). Grenouille disprezza il corpo, anche il proprio, e si crogiola nella regno odoroso della propria anima: eppure è sempre insoddisfatto. L’ascesi spirituale di questo Tristano dell’olfatto si snoda attraverso due tappe fondamentali. Prima di tutto, l’ascesa simbolica sulla Montagna solitaria, lontano dal puzzo degli uomini e dalla loro odiosa finitudine terrena; e successivamente l’incontro con il marchese di Taillade-Espinasse, la cui la dottrina del fluidum letale terreno rappresenta una sorta di nuovo catarismo, in cui si condanna la carne e tutto ciò che è “di quaggiù” per esaltare tutto ciò che vi è di spirituale, immateriale, aereo. Il profumo diventa insomma il simbolo dello spirito inappagato dall’esistenza carnale, ingabbiato nella prigione della materia: e Grenouille è colui che finalmente «ha liberato l’aroma dalla materia, ha spiritualizzato l’aroma, ha scoperto l’aroma puro» (Ivi, p. 60). Egli, infine, è riuscito a creare il filtro dell’Eros, quello sotto i cui tormenti godono e patiscono tutti gli amanti passionali della storia. Ma lui, lui stesso, sa che questo amore è un inganno, sa che questo Eros non è altro che una maschera di morte e violenza: l’Eros è il regno dell’indifferenziazione mimetica. Il profumo puro dona un appagamento effimero: non conduce alla felicità, ma soltanto al baccanale infernale. Così, disilluso dalla sua stessa illusione, Grenouille si abbandona alla morte: il suo è un sacrificio senza alcuna Resurrezione, perché lui non è una vera persona. «Si era mascherato con il miglior profumo del mondo, ma sotto questa maschera non aveva un volto» (Ivi, p. 245).
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