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Immagine del redattoreGruppo Studi Girard

Il clima, Greta e le manifestazioni | Comprendere e/o giudicare?



Vorrei qui esporre sommariamente una prospettiva da cui, a mio parere, andrebbero osservate le recenti manifestazioni ambientaliste. Partendo da un piano generale mi sposterò progressivamente verso la questione d’attualità.



Iniziamo da lontano. Le società umane che conosciamo hanno sviluppato diverse strategie per mantenere un’unità, per prolungare nel tempo la propria esistenza. Una delle migliori strategie è la seguente: i membri di una società interrompono periodicamente la routine quotidiana, si ritrovano in gran numero in un luogo, compiono tutti le stesse azioni e passano del tempo assieme. Questa banale pratica ha il potente effetto di rinsaldare i legami sociali e di aumentare il senso di appartenenza e di sicurezza del singolo membro del gruppo. Si ottengono così effetti benefici sia per la società sia per l’individuo. Se le società tendono a conservarsi, allora quella appena accennata risulta essere un'ottima strategia attraverso cui le società si garantiscono il perdurare nei mesi, negli anni, nei secoli.


Questa è dunque la regola generale: trovarsi in grande numero e compiere le stesse azioni. Questo è il fatto rilevante. Cosa viene fatto non è di primaria importanza. A seconda di determinate società, momenti storici e condizioni particolari verranno fatte cose diverse. Ci si troverà a fare a pezzi un cammello, a cantare con le mani sollevate, a ballare per ore, a perseguire violentemente delle minoranze, a rovesciare l’ancien regime, oppure ci si trova a manifestare per l’ambiente. Beh!, state pensando, partecipare alla manifestazione dell’8 marzo o a una manifestazione paramilitare di Casapound non è proprio la stessa cosa! Certo, non lo è. Però vi chiedo di provare a guardare la questione “da lontano”. Credete davvero che lo stato mentale, potremmo dire fisiologico, di una persona che partecipa in prima fila a un corteo in favore della pace e dell’accoglienza sia significativamente diverso da quello del militante neofascista che marcia con i suoi amici? Direi proprio di no: gli effetti causati dal trovarsi in mezzo a tante persone a fare le stesse cose sono nei due casi praticamente uguali: aumentato senso di sicurezza in sé, maggiore fiducia nel legame sociale che si intrattiene con chi sta attorno, complessivo rafforzamento dello spirito di gruppo e quindi del gruppo stesso.


Questo è il fatto sociale centrale. Le imponenti manifestazioni per l’ambiente degli ultimi giorni non sfuggono a questo schema interpretativo. La causa fondamentale della loro esistenza è il bisogno di fare gruppo, il mettere a sistema una serie di esigenze basilari stabilizzandole, il tentativo di ricreare situazioni che in passato hanno avuto effetti benefici. Da questo punto di vista i contenuti della manifestazione (azioni, slogan, argomentazioni, ideologie) sono secondari. La nostra coscienza partigiana sarà sicuramente portata a sovvertire il reale ordine di priorità: sono convint* dell’importanza di una rivendicazione e quindi manifesto con altre persone che la pensano come me. L’analisi sociologica ci spinge tuttavia in un'altra direzione. Constatiamo semplicemente che le società in cui ha preso piede la strategia di cui ho parlato (incontri periodici tra i membri del gruppo con imitazione reciproca di certe azioni) sono sopravvissute nel tempo, tramandando così tali pratiche, quelle che non hanno adottato questa strategia sono invece scomparse.



Questa è una premessa necessaria per impostare un’analisi fondata sulle teorie di Durkheim e Girard. I contenuti, le ideologie, le azioni particolari, gli slogan e le parole d’ordine sono elementi sovrastrutturali. La regolarità del fenomeno sociale, e pertanto la sua spiegazione, non la possiamo trovare a questo livello, dovrà piuttosto essere ricercata al livello di meccanismi sociali più generali.


Lasciamo ancora per un momento da parte il giudizio morale e/o politico che – vale davvero la pena notarlo – scalpita nei nostri stomaci e nelle nostre teste. Lo so, lo so: “Era ora che se ne parlasse!”, “Greta da Nobel”, “Greta marionetta”, “Pagliacciata colossale”… Zittiteli un attimo. Notiamo qualche altro elemento.


Ho scritto che i contenuti di una manifestazione sono secondari rispetto alla manifestazione stessa. Certo però che non tutti i contenuti sono ugualmente efficaci per adempiere alla funzione generale di una manifestazione. Il contenuto centrale delle odierne manifestazioni è il clima, il cambiamento climatico. Si tratta insomma di porre al centro dell’attenzione la difesa dell’ambiente. Bisognerebbe riflettere innanzitutto sulla relazione tra le pratiche di rafforzamento della coesione sociale e le rappresentazioni di eventi naturali. Posso solo accennare, senza ulteriori delucidazioni, due caratteristiche che rendono il clima un contenuto efficace: la sua impersonalità e la sua ambivalenza (dobbiamo averlo a cuore perché da esso dipendiamo, e dobbiamo averne paura perché da esso dipendiamo).


Quanto detto vale sul rapporto tra fermento sociale diffuso e contenuti/opinioni/idee espresse. Passiamo ora al rapporto tra il leader e la massa di manifestanti. Pare che la coesione sociale di un gruppo e la sua capacità di produrre effetti aumentino notevolmente quando il gruppo può contare sulla figura di un leader. La posizione del leader pare piuttosto singolare. Da una parte il leader è come se facesse parte della folla, dato che ne sposa appieno ideali e pratiche; dall’altra parte il leader viene elevato a vero e proprio simbolo della massa, è la guida.


Girard ci insegna inoltre che il ruolo di leader è più probabile che venga occupato da una persona che presenta caratteristiche particolari. Girard parla di segni vittimari, in quanto secondo lui il miglior collante di un gruppo è una vittima che attiri su di sé tutta la violenza e l’odio dei propri membri. Questo lo possiamo definire un leader negativo, poiché attira su di sé sentimenti negativi. Greta Thunberg è una leader, ma positiva, in quanto attira su di sé sentimenti “positivi” come la stima, l’affetto o l’immedesimazione. Anche nel caso di Greta ci sono caratteristiche che l’hanno resa una leader particolarmente ben riuscita. Ad esempio è femmina, è molto giovane, ed è affetta da sindrome di Asperger. In alcune occasioni questi sono segni vittimari, in altri casi diventano segni che elevano un individuo a vette sovrumane, quasi divine. Chi conosce Girard, o conosce la mitologia, o ha letto un po’ di articoli del nostro blog, non sarà troppo sorpreso da questo apparente paradosso.


Greta funziona dunque molto bene come leader. Lo dimostra l’efficacia e l'eco del suo sciopero. Non funziona perfettamente per motivi di cui avrò modo di parlare in alcuni dei miei prossimi articoli.



Ma insomma, alla fine della fiera, come andrebbe valutato questo specifico movimento ambientalista? È un bene o un male? Riscossa popolare oppure operazione di marketing? Presa di coscienza o chiacchiericcio che distrae da problemi più seri? Difficile dare un giudizio complessivo su un fenomeno ancora in corso che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone, organizzate peraltro in gruppi tra loro sostanzialmente indipendenti. Voglio chiudere suggerendo alcuni metodi per giudicare e sbilanciandomi un pochetto.


Per inciso, impostare la descrizione e la spiegazione di un fenomeno sociale su basi girardiane rende dannatamente difficile dare un giudizio morale/politico/assiologico al fenomeno stesso. Cerchiamo di farlo ugualmente. Comincio col dire che l’aspetto di reale sensibilizzazione coesiste molto probabilmente con strumentalizzazioni e confezionamenti ad hoc. Si può valutare quale di questi due poli esercita la maggiore influenza sull’altro. Impresa indubbiamente ardua.


Bisognerebbe poi chiarire che tipo di giudizio si vuole dare. Un giudizio morale o politico? Nel primo caso consiglierei di concentrare l’attenzione – impresa altrettanto ardua – sulle intenzioni che sottostanno a questo fenomeno (mediatico ma non solo), sulle sue finalità. Le intenzioni diffuse paiono buone: porre l’attenzione sulla necessità di applicare misure per contrastare l'inquinamento e il cambiamento climatico. Certo, bisognerebbe valutare l’intenzione, o l’insieme di intenzioni, che hanno il potere causale sufficiente per aver generato e per sostenere un fenomeno così esteso. È piuttosto inverosimile che l’intenzione di un singolo individuo, Greta compresa, abbia giocato il ruolo principale nella cascata di eventi che ha portato questa iniziativa al successo.


Siamo più interessat* a un giudizio politico? Allora potrebbe essere più opportuno valutare le conseguenze di questa iniziativa. Alle manifestazioni di venerdì e al tam-tam sui social seguiranno misure concrete? Questo movimento di protesta sarà in grado di strutturarsi in maniera trasparente e di ottenere risultati su alcuni punti? Se ciò accadrà il giudizio non potrà che essere positivo, tanto più che i temi sollevati ci riguardano realmente. Il nostro stile di vita e il nostro modello di produzione stanno aggravando dei problemi ambientali. Ne stiamo già pagando le conseguenze e continueremo a pagarle con interessi sempre più alti. Se invece le conseguenze “politiche”, in senso lato, saranno pari a zero, il giudizio politico sarà neutro (o forse negativo, se rapportato alle energie investite). Se infine queste manifestazioni si risolveranno in meri rituali auto-assolutori, in discorsi vuoti che annacqueranno una problematica seria, allora il giudizio politico dovrà essere negativo. Questi appelli alla lunga possono infatti avere come unico effetto quello di logorare il potenziale di efficacia (sull’immaginario e sulle coscienze collettive) di certe “parole d’ordine”, come ‘cura dell’ambiente’, ‘ecologismo’, ‘generazioni future’, etc…


La mia sensazione attuale è che l’ultima situazione sia quella più accreditata. Poi c’è modo e modo di reagire a un vago pessimismo. Il rischio è di rinchiudersi in un malsano scetticismo elitario. Meglio impegnarsi affinché certe istanze, almeno nel proprio – spesso, ahimé, ridottissimo – raggio d’azione, siano promosse e siano messe nelle condizioni di incidere. Certo, il rischio di farsi dettare l’agenda dai mass-media – rendendo così praticamente impossibile un procedere incisivo – è elevato. Per evitare che questo accada può tornare utile socializzare, organizzare, studiare e lottare. E sperare funzioni.

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