di Sebastiano Lisi
« Quasi due millenni e non un solo nuovo dio! » (Friedrich Nietzsche, L’Anticristo)
Questa è la citazione che Heidegger pone come esergo al primo capitolo del primo libro del suo Nietzsche, intitolato La volontà di potenza come arte, e in questo modo, da un lato, sembra essere assolutamente consapevole di ciò che è effettivamente in gioco nel pensiero di Nietzsche: una volontà di verità oltre-metafisica di fondazione-rifondazione sacrificale di un nuovo eone – “quasi due millenni e non un solo nuovo dio!” –, e volervi fare cenno quasi a indicare, per chi è in grado di intendere, un piano interpretativo e di comprensione oltre la lettera della sua – di Heidegger – interpretazione-comprensione; da un altro lato, invece, sembra volere nascondere questa sua consapevolezza-comprensione attenendosi al compito di
« ripensare il pensiero di Nietzsche come metafisica, cioè in base ai tratti fondamentali della storia della metafisica. » (Martin Heidegger, Nietzsche)
Questa volontà di occultamento-sviamento, di e da ciò che è veramente in gioco in Nietzsche, la si può cogliere nella scelta della citazione messa ad esergo dell’intera opera:
« È Nietzsche stesso a nominare l’esperienza che determina il suo pensiero: “La vita… più misteriosa – da quel giorno in cui inaspettato venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza –.” (Nietzsche, La Gaia scienza, Libro IV, 324) » (Martin Heidegger, Nietzsche)
Leggendo l’intero testo dell’aforisma 324 di La Gaia scienza si scorge, infatti, che quanto in esso indicato non accenna alla metafisica e ai tratti fondamentali della sua storia, in base ai quali cogliere i tratti fondamentali della vita e del pensiero di Nietzsche, o con i quali identificare la sua vita e il suo pensiero, ma accenna al pensiero “grande liberatore” per cui la vita potrebbe essere un esperimento volto alla conoscenza, piuttosto che un dovere o una fatalità. Ciò, può essere anche l’esperienza che determina il suo pensiero, ma non è il proprium del suo pensiero, non è ciò che è in gioco nel suo pensiero, che sarà in gioco nella sua vita e determinerà la sua follia. Il proprium del suo pensiero non è la metafisica – non si diventa pazzi a causa della metafisica, la metafisica tiene alla larga ciò che può costituire pericolo di pazzia, anche se per altri aspetti è una forma sublimata di follia, di malattia del pensiero e del linguaggio, del pensiero a causa del linguaggio (Wittgenstein) –, il proprium del suo pensiero, la posta veramente in gioco nel pensiero e nella vita di Nietzsche, che determina la sua follia, il corto circuito del suo pensiero e della sua vita, si mostra, per accenno, in
« Quasi due millenni e non un solo nuovo dio! »
Nietzsche vuole stabilire un nuovo vangelo, una nuova verità. Vuole essere l’apostolo di una verità che si dà grazie al superamento-sfondamento della storia e della tradizione metafisica – come oltre e altro della e dalla metafisica. Tentativo di rifondazione sacrificale della verità oltre il misconoscimento, l’occultamento, le mistificazioni operati dal pensiero metafisico, non per accidente ma secondo necessità: la necessità del suo costituirsi quale pensiero metafisico; oltre, quindi, la storia della verità della metafisica, ma per conseguire l’abbattimento della verità della Rivelazione di Cristo – versus la Rivelazione di Cristo. Altrimenti, perché pubblicare un’opera che ha per titolo L’Anticristo piuttosto che L’Antiplatone, o L’Antiaristotele, o L’Antihegel? Perché, nelle ultime lettere, firmarsi il Crocifisso o Dioniso, piuttosto che Platone, Aristotele, Hegel… o Nietzsche? Il nichilismo, l’esito nichilista dell’Occidente, per Nietzsche consiste ed è il frutto di
« Quasi due millenni e non un solo nuovo dio! »
È il frutto della decadenza ed estenuazione di civiltà, della consunzione della potenza di civiltà – civiltà inaugurata e portata alla massima espressione dai Greci – operata dall’Evento Cristo, da ciò che ha significato e ha implicato l’Evento Cristo. Quindi, ben altro che metafisica è il proprium e il compimento del suo pensiero: sì, invece, oltre la metafisica e contro la metafisica, giacché, nonostante essa, o grazie a essa,
« Quasi due millenni e non un solo nuovo dio! »
Con la mole del suo Nietzsche, assegnando e riconoscendo al pensiero di Nietzsche il vertice abissale della metafisica occidentale, il compimento-fine della sua storia, Heidegger si pone quale bastione e guardiano nei confronti di ogni assalto o avvicinamento oltre-metafisico al pensiero di Nietzsche, ergendo un estremo sistema di guardia. Sistema straordinariamente raffinato per impalcature concettuali e congegni linguistici, ma ben dissimulato nella stessa mole di impalcature e congegni. Sistema che, però, non ha potuto indefinitamente impedire che si riuscisse a gettare qualche sguardo altro-oltre metafisico – di qua e di là della metafisica – in ciò che è effettivamente in gioco nel pensiero, nella vita e nella follia di Nietzsche:
« Quasi due millenni e non un solo nuovo dio! »
E, per riuscirvi, si è dovuto, o eludere quella stessa mole d’impalcature e congegni, o passarvi attraverso senza restare incantati e incagliati dalla e nella malia circesca che da essi si emana: la quale, nel tempo, non ha mancato di trasformare intere schiere di esegeti in adepti grufolanti il terreno del Nietzsche-Heidegger pensiero. Il Nietzsche di Heidegger costituisce, infatti, una stupefacente camicia di forza metafisica imposta al proprium del pensiero di Nietzsche per contenerne la follia e custodire il segreto di pensiero di questa follia, rendendolo il più possibile non visibile e non udibile. Camicia di forza tessuta con la più alta e raffinata arte dei maestri tessitori di metafisica, e per questo stupefacente: perché tale è l’estremo rinnovato intento-tentativo – assolutamente consapevole – di velamento metafisico del proprium altro-oltre metafisico del pensiero di Nietzsche – che ha avuto nome “follia” quale esito della sua vita, e ha nome “nichilismo” quale esito della civiltà occidentale. Nichilismo quale esito della trasvalutazione di tutti i valori operata da scienza ed economia per compimento tecnico della storia-destino di civiltà dell’Occidente. A ben guardare, non solo l’ultima produzione di Nietzsche prima dell’inabissamento della sua mente nella follia, ma anche il suo Zarathustra non è principalmente un’opera soltanto di filosofia, ma un’opera di neo-teologia, o meglio, di controteologia: una teologia per un rinnovato paganesimo che elegge l’uomo-oltre-uomo a nuovo dio, contro l’uomo figlio di Dio in Cristo. Ha ragione René Girard, Nietzsche è il più profondo pensatore religioso del XIX secolo, che pensa il superamento-sfondamento – oltre-cristiano-neo-pagano – dell’Occidente, e a prezzo della follia ha forse inaugurato il tempo in cui noi siamo: tempo in cui molto siamo avanzati nello sfondamento reale-concreto per via tecnica e in intelligenza, ma relegando Nietzsche – con poche eccezioni – tra i vari post e ismi della sola filosofia. Si potrebbe affermare, dopo Nietzsche,
« Dopo due millenni finalmente molti nuovi dei! »
O meglio idoli! Molti idoli – una miriade –: per ogni gusto e tasca, secondo possibilità e bisogni di ciascuno. A una condizione, però: che a essi si sacrifichi tutto, si consegni l’intera propria vita quale pegno di una promessa felicità da godere tutta qui e ora – senza resti e senza scarti. Oggi, in cui ogni aspetto della nostra vita è soggiogato e asservito a sempre nuovi idoli – umani, fin troppo umani –, in cui lo spirito è divenuto fitness e la salute cosmesi chirurgica, sembra che la follia di Nietzsche sia la vincente ragione del nostro tempo, mascherata e dissimulata nei potenti specialismi del sapere scientifico-tecnico, e scompostamente sgambettante nelle varie forme e tipi di ismi che, con relativismo, occupano la scena della cultura e del pensiero contemporanei. Forse, come afferma Girard, non solo del nazismo, in un certo senso, Nietzsche è stato l’essenza spirituale, ma anche di tanta e troppa parte del pensiero, della scienza e della tecnica contemporanei: l’uomo finalmente liberato dall’uomo della fallacia dell’uomo (genitivo oggettivo e soggettivo) – finalmente l’ultimo uomo, anche se non nel senso in cui è stato inteso da Nietzsche. Dopo, con molta probabilità, il tempo conoscerà il post-umano, ma già inizia a prenderne familiarità: l’umano ridotto-elevato a esperimento e prodotto dell’umano, per la produzione libera della felicità umana in formati diversi secondo desideri e disponibilità di ciascuno. Finalmente il tempo conoscerà l’uomo felice per sospensione (epochè) di quanto è propriamente umano: il peculiare impasto di spirito e carne che è materia e misura dell’umana grandezza e miseria.
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