di Simone Berno
Siccome sono un inguaribile nostalgico e figlio della cultura pop, in questi giorni che si avvicinano al Santo Natale mi sono deliziato a riguardare alcuni prodotti televisivi e cinematografici che lo portano come tema o sfondo delle più diverse vicende.
Tra questi, non potevo privarmi di alcune puntate a tema Natalizio della sempiterna saga de I Simpson, che ha proprio nella prima puntata della prima stagione della serie, una puntata a tema natalizio (e, a parer mio, tra le più belle di tutte le stagioni per lirismo, costruzione dell'immagine, etc., o forse è solo quella cui sono più affezionato).
La bellezza di questa puntata risiede anche nel presentare e preannunciare nella loro pressoché interezza i temi che caratterizzeranno tutte le 32 stagioni, e a noi girardiani questo interessa molto: sotto l'albero di Natale dei Simpson, troviamo fin da subito una serie di pacchetti e, scartandoli, l'episodio ci mostra subito i principali scandali che saranno motore delle vicende di questa surreale ma umana, troppo umana famiglia.
Per questa che, più che una pillola, vorrei che fosse un confettino girardiano, mi preme condividere l'attenzione su di uno di questi scandali, che ha nella piccola Lisa il nostro romantico eroe.
La prima comparsa di Lisa è nelle vesti di una danzatrice rituale di una non specificata popolazione delle isole dei mari del sud che, in occasione di non si sa di quale ricorrenza ma raccolta dallo spettacolo come «i babbo Natale del mondo», avrebbero eseguito una danza rituale con le torce infuocate; ovviamente, la prima reazione delle persone tra il pubblico non è di solo stupore, ma di scandalo e disagio.
Quindi la prima comparsa di Lisa Simpson nella prima puntata di tutta la saga, è all'insegna dello scandalo: portatrice di una proposta culturale che, di fatto, è all'insegna della sua romantica ricerca di una differenza – una differenza, sottolineo, all'insegna della cultura come consumo spettacolarizzato – e a tutti i costi superiore a quella degli altri, cercando mediante questa di mostrare i limiti delle associazioni ed abitudini culturali altrui; a prova di questo, lo sguardo sorridente e soddisfatto che le hanno dipinto sul viso nel momento in cui lei, alla fine della danza, si toglie la maschera. Sì, perché, a ulteriore prova del suo bisogno di essere riconosciuta come modello e del non essersi limitata a mostrare agli altri un'alternativa culturale, lei prova il bisogno, a danza finita, di togliersi la maschera esotica, di mostrare il proprio volto e di essere vista.
Quindi abbiamo da subito la presentazione di un personaggio abitato dal risentimento perché, molto probabilmente (ma risulterà piuttosto evidente nello sviluppo della serie), non si sente riconosciuto e accettato, e perché scandalizzato dalla pienezza ontologica altrui, da coloro che vivono una vita – a suo parere – all'insegna di una grettezza culturale e, ciò nonostante, si mostrino pienamente soddisfatti – o almeno così le pare – in pace con se stessi e con quelli che lei individua come i loro limiti esistenziali e culturali; quindi uno scandalo a partire dal quale lei cerca di divenire, a sua volta, modello attraverso una dimostrazione ostentata di indipendenza e pienezza, nella classico tentativo di rovesciamento del rapporto discepolo-modello da parte di un discepolo. Non male una prima apparizione apparizione all'insegna dello scandalo e del risentimento.
Ovviamente lo scandalo massimo lo vive nei confronti di suo padre, della sua famiglia, e in particolar modo di suo fratello, di cui lei individua sempre e subito l'insicurezza dietro la sua spavalderia, il suo personaggio di peste, ma spesso dichiara apertamente in faccia al fratello, ma più spesso nella forma di un mimetismo risentito che in un'ottica parresiastica. Bart però – e direi essere questo ciò che più di lui scandalizza lei –continua a inseguire la pienezza imitando quel modello per lei inimitabile, il padre Homer, di cui Bart è un'imitazione, esasperata dalla licenza consentitagli nella sua giovanissima età.
Ma, proprio a motivo di questo scandalo, è però dal fratello che lei ottiene, lungo tutta la saga, le commozioni, i momenti in cui scioglie il proprio risentimento e il proprio rancore in un pianto liberatorio, ricongiungendosi a lui in un affettuoso abbraccio, trovando il riconoscimento, il dono di uno spazio di riconoscimento e valorizzazione proprio nello sguardo di lui; e questo avviene in quei momenti in cui Bart le dice o le fa capire che lui ha sempre ritenuto essere lei la migliore tra i due, e di tenere a lei, accompagnando a volte queste dichiarazioni con doni che riconoscono il valore delle emozioni e dei gusti (della differenza) della sorella: gesti di affetto inaspettati da lei ritenuti impossibili da parte di un fratello a suo parere così scemo, egoista ed orgoglioso. È da lui che ottiene questi momenti di scioglimento, momenti in cui Bart non si mostra con la volontà di primeggiare, ma di riconoscere.
Così, come augurio natalizio, quello che fa Bart è quello che tutti quanti avrebbero giustizia di ricevere: ricevere il tentativo di calare la propria maschera e offrire un gesto di affetto che riconosca agli altri, al di là delle maschere reciproche, che noi per primi – come tutti – sappiamo di essere scandalizzati, che tutti sappiamo di esistere solo l'uno con l'altro e per questo non possiamo non riconoscere con gratitudine l'importanza dell'altro per noi.
Questa ricorrenza natalizia è un invito a offrirci nei propri scandali, prima di tutto a favore di chi usa lo scandalo e il risentimento per tentare di primeggiare e rivendicare vittimisticamente una propria posizione di modello; un invito a non nascondercene dietro, a offrire, nel denudarci nel nostro mimetismo, il riconoscimento e l'ascolto dell'esistenza altrui, lo spazio perché non si senta il bisogno del proprio scandalo, lo spazio perché non si sia travolti dal reciproco scandalo.
In questo senso, è Natale per tutti, al di là delle confessioni.
Buon Natale da Bartleby.
Yorumlar