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Immagine del redattoreGruppo Studi Girard

Non siamo stati noi | L’innocenza dei miti e quella dei lettori


Siamo in crisi, di chi sarà la colpa? Si inizia a guardarsi male, si litiga, si sta sempre peggio, chi è il colpevole? La situazione rischia di degenerare, bisogna trovarlo il prima possibile. Di sicuro non sono stato io a iniziare tutto, deve essere stato quell’altro, quello strano. Voi lo conoscete? Non lo conosce nessuno, non ha amici, sicuramente ci odia tutti. Dobbiamo distruggerlo prima che lui distrugga noi.

Questa storia secondo l’antropologo René Girard è l’unica Storia. Tutti gli antichi racconti, tutti i miti nell’essenziale sono riconducibili a questa. Sembra assurdo, anzi impossibile.

Girard analizza casi in cui la dinamica del linciaggio per ritrovare l’unanimità perduta durante la crisi è evidente? Sceglie solo quelli per i quali la teoria funziona. Mostra che negli altri il linciaggio è solo dissimulato? Sta forzando il testo.

Cosa potrebbe intendere Girard quando in Il capro espiatorio dice che alcuni miti respingono il riferimento al linciaggio in maniera così grossolana che in realtà confermano che è accaduto? È solo fumo per i nostri occhi? Cosa potrebbe significare che un eccesso di scuse tradisce che c’è un reale motivo per cui bisogna scusarsi?


Se un bambino corre dalla madre e le dice che non è stato lui a rompere qualcosa, la madre capisce immediatamente due cose: qualcosa è realmente rotto e il figlio ha ingenuamente creduto che, andando subito da lei a discolparsi, sarebbe stato credibile, mentre invece proprio il suo comportamento ha dimostrato il contrario. Non serve aver studiato antropologia e nemmeno ermeneutica per interpretare questo caso correttamente.

Ma Girard non considera i primitivi dei bambini, a dispetto di quello che sostengono molti suoi critici non ha nessun disprezzo per loro, o se lo ha, è ininfluente nelle sue analisi. Sono tutti gli studiosi che dicono che non bisogna farsi domande sui loro racconti che trattano i primitivi da bambini. È ai bambini che non si chiede spiegazione dei loro racconti. Per Girard l’ingenuità dei primitivi nasce da un misconoscimento, non da un loro infantilismo nel raccontare.

Loro – come in fondo tutti gli uomini, “moderni” compresi – sono veramente convinti di non essere colpevoli. E quando cominciano a nutrire dubbi su questo reagiscono nell’esatta maniera con cui si è reagito alla teoria di Girard: è impossibile che le cose siano andate così, è impossibile che il racconto sia questo, abbiamo capito noi male.

L’elemento curioso è che tutte le varietà di miti che rinnegano il linciaggio sono riconducibili a solo tre tipologie, tutte che veicolano un messaggio: non siamo stati noi.



La prima tipologia è quella del personaggio masochista. Non siamo stati noi a uccidere Giocasta, si è suicidata. Ed Edipo, suo figlio e marito? Si è accecato e si è allontanato da Tebe tutto da solo, noi non abbiamo fatto niente. Anche Deianira, che ha osato uccidere suo marito, il grande Eracle, si è condannata a morte da sola. E Aiace che voleva fare una strage e uccidere Agamennone e Menelao? Suicida pure lui.

Se tutte queste storie provenissero da un’altra terra e un’altra epoca, non avremmo difficoltà a nutrire non pochi sospetti per tutti questi suicidi così opportuni, segno che sappiamo benissimo interpretare quando vogliamo. Girard nota che questa moda del masochista si ritrova anche fuori dal mondo greco e ci presenta due dèi aztechi che si gettano in un rogo per far sorgere il sole e la luna. Naturalmente sono consenzienti, come dubitarne?

La seconda tipologia è quella del personaggio sadico. Al primo capro espiatorio che è la vittima, si aggiunge un secondo che è l’unico da incolpare dell’uccisione. Non siamo stati noi a uccidere Baldr, abbiamo passato tutto il giorno a scagliargli contro armi, ma potete stare certi che solo il crudele Loki lo ha ucciso. Se ora il poveretto è a terra grondante di sangue è perché Loki lo ha colpito con un ramoscello di vischio. Sapete, era l’unica cosa a cui Baldr non era invulnerabile.

La terza tipologia è la più diffusa, anche perché lascia intravedere la divinizzazione del capro espiatorio che ha riportato l’ordine e la concordia. Non siamo stati noi a uccidere, nessuno ha ucciso nessuno, la vittima non è morta, è “andata in cielo”. L’atua di nome Tikarau non è stato ucciso dalla folla che lo inseguiva perché è un imbroglione e un ladro, è salito in cielo. Anche Medea, strega e straniera, dopo aver ucciso i figli avuti con Giasone, scappa in cielo su un carro alato. Come è sorto il sole secondo i Boscimani? Dei bambini hanno preso un vecchio e lo hanno “gettato” su in cielo dicendogli di diventare il sole. Fortuna che il vecchio li ha ascoltati, pensate cosa sarebbe successo se invece non fosse diventato il sole, ma fosse “ritornato” verso terra… Anzi, non pensate.

I Kraci raccontano di una divinità di nome Wulbari. Se ne sta sdraiato per terra, ma non vi preoccupate, è vivo e vegeto. Però non se la passa proprio benissimo, pare che gli uomini lo trattino molto male. Circola persino la voce che una vecchia gli taglia pezzetti del corpo per fare una buona zuppa. Allora la divinità se ne va in alto, in cielo, dove non può essere raggiunta e disturbata. Ottimo così, una soluzione diplomatica in cui nessuno muore.

Qui si ritrovano sia la prima che la terza tipologia: il personaggio si auto-espelle dalla comunità come Edipo, ma per andare in cielo. Sarà un caso che alla fine del racconto si dice che fu per colpa di Wulbari, che aveva chiesto al ragno Ananse di portargli il sole, che si diffonde la cecità nel mondo?

Ma forse si tratta solo un’ossessione di Girard. Perché parlare di violenza, quando si può vedere solo “opposizioni logiche”? Perché soffermarsi sui cadaveri, quando ci si può rifugiare nel “linguaggio simbolico”? Certi miti sono un pochino cruenti è vero, ma solo a causa di un certo pessimismo nella visione del mondo degli antichi.

Forse però nell’antichità pessimisti non si nasceva.

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