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Immagine del redattoreGruppo Studi Girard

Un bel sogno al Piccolo | Il 'Sogno di una notte di mezza estate' di Rifici

Aggiornamento: 7 dic


Un’altra buonissima prova da parte di Rifici, regista teatrale molto attento ai testi di Girard e Fornari – ricordiamo a tal proposito la sua Ifigenia liberata –, che in questi giorni porta il suo Sogno di una notte di mezza estate al Piccolo di Milano. Il regista ha evidentemente tenuto in considerazione le pagine di Girard su Shakespeare, che riteniamo un punto di partenza fondamentale per comprendere il Sogno. La sua rivisitazione, tuttavia, è anche capace di procedere con coraggio oltre l’ermeneutica girardiana, spesso con ottimi risultati.




Com'era avvenuto con l’Ifigenia liberata – ma ora con meno insistenza –, si indugia a più riprese su un meta-commento da parte dei personaggi sull’opera teatrale. Tale meta-riflessione però non pare didascalica, ed è anzi sapientemente dosata. Certo, la pratica del meta-commento contribuisce a mettere in ombra una caratteristica del teatro shakespeariano fondamentale per Girard, ossia la presenza del doppio registro, quello ingenuamente “romantico” e quello romanzesco che dice la verità sul desiderio. Non so se questa scelta sia dovuta a una difficoltà nel rendere il doppio registro, o a un tentativo di “modernizzare” l’opera, dove moderno potrebbe essere il tentativo di arrivare dritti al punto senza troppe mascherate o codici difficili e baroccheggianti. Il risultato finale è comunque complessivamente assai soddisfacente.


Lo spettacolo coinvolge, scorre bene nonostante un’intricata trama ricca di personaggi, emoziona e diverte. Diverte molto nonostante il regista, in una conferenza prima della messa in scena, poneva l’accento sulla profonda tristezza del testo di Shakespeare. La tristezza ci sarà – anche disturbante e al contempo delicata, come alla conclusione della recita degli artigiani –, ma l’opera rimane la più divertente di Shakespeare che io conosca[1]. Ed effettivamente in platea si è riso di gusto e il giusto, nonostante un poco di leggerezza in più nelle scene dedicate ai quattro giovani amanti non avrebbe guastato, anche in termini di fedeltà al testo originale.


A proposito di un’eccessiva drammatizzazione, si potrebbe far riferimento alle battute iniziali e finali di Ippolita a proposito della battaglia tra sessi. Ritengo che Girard sia stato convincente nel dimostrare che in Shakespeare – sicuramente almeno nell’opera in questione –, i duelli ideologici – giovani contro vecchi, amore contro amicizia, donne contro uomini – sono in realtà mistificazioni dell’indifferenziazione risultante dai meccanismi della violenza e del desiderio mimetico[2].



Sicuramente girardiana invece, e ottimamente realizzata, è stata la scelta di porre Lisandro dietro uno specchio nel momento in cui Demetrio si risveglia sotto l’effetto del filtro magico, con Elena che si ritrova in mezzo a questa linea di sguardi incantati. Originale e di grande pregio mi è parsa la caratterizzazione di Egeo, padre di Ermia. La sua uscita di scena, dopo un lungo sguardo scambiato con Lisandro, è stato per me il momento più alto ed emozionante. In generale le dinamiche omoerotiche sono state mostrate con fine sensibilità, nonostante forse un surplus di bacetti che poco si addice a Shakespeare e alla nostra morigeratezza.


Sulla scelta di sdoppiare Puk sono combattuto. È vero che la comicità era già strabordante nella compagnia teatrale, ma duplicando il personaggio si è perso – o forse, meglio, si è dimezzato, secondo una dinamica su cui si è soffermato il Professor Fornari[3] – il suo forte aspetto comico e giocoso. E ciononostante, le “nuove” sfumature di questo personaggio mi spingono a riprendere in mano il testo di Shakespeare e a riconsiderarlo attentamente. E anche questo, in fin dei conti, depone a favore del successo dell’opera di Rifici.


Notevole la recitazione dei giovani attori, tra cui sono spiccati in particolare (nello spettacolo di giovedì), per mio gusto e incolto parere, Titania, Bottom[4] e Teseo. Scenografia invece un poco scarna e non troppo significativa, nonostante uno dei muri più belli mai apparsi in un teatro. Interessante però l’utilizzo della terra e molto riuscite le musiche. Insomma, vi consiglio caldamente di andare a vederlo nei prossimi giorni.



*****

 

[1] Sarebbe interessante approfondire il tema del riso nell’arte andando oltre le tradizionali distinzioni di genere. A tal proposito rimando ai video realizzati da Matteo Bisoni e Simone Berno sul nostro canale Youtube.

[2] R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Adelphi, p. 37 e p. 416.

[3] Segnaliamo il contributo di Giuseppe Fornari sul libretto dello spettacolo.

[4] Sul personaggio di Bottom, o Rocchetto, segnalo invece questo articolo di Pietro Somaini.

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